L’emergenza dei pensieri: praticare la distanza

Gruppo di Studio SIPsIA sul Digitale #allepreseconilvirtuale
Clementina Cordero di Montezemolo, Carla Corsi, Mariavittoria Di Febbo, Daniela Lucarelli, Mercedes Lugones, Selene Mancinelli, Silvia Ronconi, Francesca Spacca, Flaminia Vacchini

L’emergenza sanitaria che ha coinvolto tutto il mondo in questi ultimi mesi ha determinato un grande cambiamento nella possibilità di comunicare e relazionarsi con gli altri: i dispositivi digitali e internet sono divenuti il mezzo privilegiato attraverso cui contattare il mondo esterno e ciò ha avuto un’eco rilevante anche nel modo di lavorare degli psicoterapeuti.
Molti colleghi, tra cui anche noi, hanno scelto di trasformare il setting spostando gli incontri su piattaforme on line, altri hanno preferito interrompere momentaneamente le sedute in presenza, altri ancora le hanno proseguite con i dispositivi di protezione sanitaria.
Come gruppo di studio sul digitale ci siamo da subito trovate coinvolte a riflettere sul significato, sull’uso e sulle funzioni della psicoterapia on line.
Il titolo che abbiamo scelto per questo nostro primo contributo al dibattito scientifico che si è aperto in merito nella comunità psicoanalitica vuol segnalare quanto, proprio attraverso i pensieri emersi dalla situazione di crisi, si sia potuto avviare un primo passo per elaborare il significato di quella distanza che ci ha separato, ma al contempo ci ha unito, ai nostri pazienti.
Ad oggi queste riflessioni da noi pubblicate sul sito www.sipsia.org il 25 marzo 2020 ci appaiono quasi riguardare un tempo lontano, accelerato dalla imprevedibilità degli eventi e dalla intensità delle emozioni in gioco. Come la mente adolescente è concentrata sul presente e pertanto il passato sembra sempre molto distante, così noi stesse riflettiamo su questi primi pensieri alla luce dell’oggi che è già futuro. Siamo, infatti, già coinvolte in un altro cambiamento di setting, quello costituito dal rientro nei nostri studi e dal ritorno al lavoro in presenza, per chi sta facendo questa scelta, oltre che dall’incertezza riguardo la continuità in questa nuova situazione.
Nella quarantena da Coronavirus il telefonino è sembrato rappresentare il vecchio focolare domestico, un camino sempre acceso che in questa nuova condizione fisica da segregati tra le mura di casa ci ha aiutati a mantenere un contatto con l’esterno.
Come ricorda Lingiardi (nella video-intervista pubblicata sul sito di La Repubblica, il 13 marzo 2020[1]), siamo isolati ma non per questo soli.
Grazie ai dispositivi digitali, spesso considerati responsabili del ritiro di molti adolescenti dai rapporti sociali, si sono sviluppate, invece, nuove forme di comunità volte a superare l’isolamento e la mancanza di contatto fisico con gli altri.
Nei giorni del lockdown abbiamo tutti potuto fare esperienza di videochiamate familiari, riunioni scientifiche su Zoom, lezioni scolastiche attraverso la cosiddetta dad (Didattica a Distanza), sessioni di yoga via Skype e condivisione, tramite chat WhatsApp, di giochi di intrattenimento e jokes (vignette) per mantenere alto il tono dell’umore.
Questa nuova quotidianità ha costretto anche noi psicoterapeuti a modificare repentinamente il nostro modo di lavorare: proporre una terapia on line è stato frutto della necessità di non lasciare soli i pazienti in un momento di così grande crisi e di limitare la loro esperienza di angoscia e di abbandono, tuttavia è stato necessario valutare caso per caso.
Abbiamo ritenuto importante tenere in considerazione ogni specifica relazione psicoterapeuta-paziente: l’analista deve chiedersi e provare a comprendere come ciascuna persona possa vivere questo cambiamento del setting e quanto riesca a tollerarlo.
Ci troviamo in un terreno complesso e poco conosciuto in cui, per dare continuità al processo terapeutico, diventa fondamentale seguire, momento per momento, l’evoluzione delle dinamiche transfert-controtransfert.
Pensiamo sia centrale tenere a mente le emozioni dello psicoterapeuta e il suo stato d’animo, ancor di più in un momento di forte angoscia come quello attuale.
In questa situazione di cambiamento repentino e forzato è stato utile ripensare ad alcune delle coordinate fondamentali del setting psicoanalitico: lo spazio, il tempo e l’assetto interno dello psicoterapeuta.
Per quanto riguarda la caratteristica dello spazio notiamo che, sebbene i dispositivi digitali ci aiutino a raggiungere i nostri pazienti, ci impongono anche di coniugare aspetti di vicinanza e lontananza.
Da un lato infatti ci scontriamo con una distanza che diventa subito eccessiva vicinanza nel momento in cui entriamo direttamente nelle case dei nostri pazienti. I confini spaziali, non più delimitati dalla stanza di terapia, vengono adesso definiti anche dal paziente attraverso la scelta del luogo in cui svolgere la seduta, della posizione dello schermo e di cosa mostrare di sé al terapeuta: in questo senso il paziente partecipa, in maniera ancor più attiva, alla co-costruzione dello spazio terapeutico.
Suggestivamente si può pensare che il virtuale assuma così la qualità di uno spazio potenziale in cui qualcosa di conosciuto può essere creato e trovato dal paziente.
Dall’altro lato invece può accadere che i pazienti, sebbene con i loro cellulari ci possano raggiungere facilmente, rifiutino la seduta perché non si sentono al riparo da orecchie indiscrete.
In riferimento al tempo, a nostro parere esso rimane il garante della continuità dell’esperienza del Sé: il mantenimento on line dell’orario e del giorno della seduta funge da ancoraggio alla realtà esterna e offre un contenimento alla sensazione di noia dilagante e agli stati di angoscia che possono insorgere nei pazienti.
Per quanto concerne infine l’assetto interno dello psicoterapeuta bisogna tener conto che, in questa specifica situazione di crisi, le angosce persecutorie attivate dalla pandemia riguardano tanto il paziente quanto il terapeuta. La predisposizione all’auto-analisi, acquisita grazie alla formazione, dovrebbe rendere lo psicoterapeuta più capace di attraversare il perturbante e di convivere con il sentimento di fragilità, insieme al paziente.
Vogliamo comunque mettere in luce l’aspetto creativo importante che può scaturire da questo cambiamento: in un momento così difficile paziente e analista si trovano di fronte a un nuovo modo di incontrarsi.
Questa crisi, etimologicamente intesa come scelta, separazione, può rivelarsi un’opportunità di giocare in modo creativo con il setting e con la propria disposizione interna entro una cornice che dobbiamo rendere il più sicura possibile, proprio perché a distanza.
Non possiamo, tuttavia, fare a meno di considerare alcuni elementi che vengono modificati nella loro espressione durante le sedute on line. Tra questi, in primis, il corpo: l’immagine proiettata sullo schermo può comunque attivare alcune qualità sensoriali, ma mancano gli odori, il tatto e cambiano le possibilità di movimento.
Queste riflessioni divengono ancora più specifiche quando parliamo di psicoterapie con i bambini: allora ci troviamo in un cantiere aperto, in cui ogni caso è a sé.
Abbiamo notato, ad esempio, che alcuni bambini possono essere accolti solo attraverso una telefonata di pochi minuti, con altri invece la seduta si trasforma in un incontro con i componenti della famiglia, altri ancora sono in grado di esprimersi più liberamente. Abbiamo altresì osservato quanto, per il mantenimento del setting on line, sia essenziale la presenza dei genitori e la qualità della nostra alleanza con loro: così come accompagnano e riprendono il bambino presso i nostri studi, è fondamentale che possano “accompagnarlo” al momento dell’incontro on line e della conclusione della seduta tramite il supporto digitale[2].
Ci sembra che il cambiamento di setting nella psicoterapia con gli adolescenti apra ad un’ulteriore complessa riflessione, che necessita di menzionare alcuni punti saldi, sia tecnici sia teorici: la specificità del funzionamento adolescente; la struttura psichica di base del paziente in questa fase di vita; la qualità della relazione transfert-controtrasnfert.
Alla luce di queste importanti variabili, abbiamo osservato come per i ragazzi già molto ritirati il passaggio all’incontro on-line sia stato quasi di sollievo, andando per certi versi a colludere con l’assetto difensivo del paziente, ma offrendo, allo stesso tempo, una possibilità nuova di pensiero e risignificazione delle fantasie riguardanti il corpo e, quindi, l’incontro con il corpo dell’altro da Sé.
Con altri adolescenti invece, pazienti con esperienze precoci di grave deprivazione, non è stato possibile mantenere una continuità della relazione, probabilmente perché troppo colpiti dall’abbandono del terapeuta.
Altri ancora, primo adolescenti per i quali la parola non è ancora divenuta veicolo di emozioni, che piuttosto venivano espresse durante le sedute con giochi fisici o drammatizzazioni in cui il corpo era centrale, non sono riusciti a effettuare il passaggio alla seduta on-line.
Nei casi in cui l’accesso alla simbolizzazione risulti interdetto e pertanto la mancanza del terapeuta sia una assenza reale e concreta, ci è sembrato non essere possibile “usare” uno spazio terapeutico on-line.
La possibilità di rimanere in contatto con i pazienti e con i nostri vissuti ci ha portate a riflettere su come, in questa dimensione di “chiusura”, convivano diverse reazioni ed emozioni con oscillazioni che vanno da un polo ansioso a uno depressivo.
Sul primo versante si individuano la paura, la rabbia, il bisogno di protezione, il senso di costrizione e la frustrazione; sull’altro una generale sensazione di lentezza, di sospensione, ma anche di essere parte di una comunità, elemento che contribuisce ad alimentare una speranza verso il futuro.
Per comprendere tali emozioni ci sono sembrate centrali le riflessioni avviate nel corso della serata scientifica organizzata dalla sipsia, che ha visto come ospite la dottoressa Beatriz Janin[3] lo scorso 5 marzo, durante la quale la stessa ha indicato come la società occidentale si sia costruita su ideali e valori individualistici e maniacali per fronteggiare una profonda fragilità narcisistica.
Questa pandemia ci ha costretti a fare i conti con sensazioni d’impotenza e di umana limitatezza venendo a mancare il riferimento alla realtà esterna, che è stata il più delle volte sovrainvestita.
Ci sentiamo confusi e persi, non più abituati a stare in contatto con noi stessi e con la nostra casa interna, ci chiediamo se questa sia spoglia o poco vitale, e prendere contatto con questi aspetti di Sé suscita paura.
A tal proposito abbiamo ripensato a quanto Freud esprime ne Il Perturbante (1919)[4], descrivendo quanto possa essere angosciante ritrovare un elemento noto e familiare in ciò che è sconosciuto. Ecco allora che la casa, la strada che percorriamo ogni giorno, le relazioni quotidiane, possono attivare forti angosce. Nelle situazioni di perturbamento, ci ricorda Freud, l’Io non è padrone in casa propria. Il Perturbante (1919)
Al riguardo può essere d’aiuto ripensare al funzionamento adolescente, che per sua natura ha a che fare con il perturbante nella misura in cui entra in contatto con le trasformazioni corporee e psichiche, distanziandosi dal passato per poter accedere a una nuova esperienza nel presente.

Ci sembra pertanto che questo passaggio dalla psicoterapia in presenza a quella on line abbia offerto e offrirà ancora moltissimi spunti di riflessione sul lavoro con i bambini e gli adolescenti.

[1] Vittorio Lingiardi, Focus – Coronavirus”Troppo silenzio? Siamo isolati, non soli”, La Repubblica, 13 marzo 2020, https://video.repubblica.it/dossier/coronavirus-wuhan-2020/focus-coronavirus-lo-psichiatra-lingiardi-troppo-silenzio-siamo-isolati-non-soli/355696/356262

[2] Relativamente agli aspetti da ricontrattare con i genitori segnaliamo anche la questione dell’onorario, che ha richiesto e richiede ancora una riflessione e una valutazione in quanto aspetto centrale del setting (la maggior parte di noi sta distinguendo, ad esempio, i contatti brevi dalle sedute che gradualmente arriviamo a fare con pazienti che inizialmente riuscivano a stare al telefono solo per pochi minuti).

[3]Psicoanalista, Direttore del Corso di Psecializzazione in Psicoanalisi con Bambini e Adolescenti (Università di Scienze Economiche e Sociali, UCES Buenos Aires) Presidente della Asociaciòn Civil Forum Infancias

[4] S. Freud (1919), Il Perturbante, in Opere di Sigmund Freud, ix, Bollati Boringhieri, Torino 1977.

 

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