Un viaggio alla conoscenza del preadolescente

 Francesco Mancuso

 Da quanto si può cogliere negli scritti teorico-clinici sull’età evolutiva sono portato a pensare che la preadolescenza tenda a sfumare sotto le importanti produzioni dedicate all’infanzia e poi all’adolescenza. La tendenza a far sfumare la preadolescenza è presente nella famiglia, nella società e anche nella clinica.
Immagino questo contributo come un viaggio a tappe alla conoscenza del mondo del preadolescente. Come metafora di questo viaggio ho fin dall’inizio pensato al “Passaggio a Nord Ovest”[1] e metto in nota alcune intriganti analogie con la preadolescenza, e con i molti tentativi che esploratori impavidi hanno compiuto prima di dichiarare di averlo attraversato. La sua conformazione e posizione costringeva gli esploratori a continue variazioni delle rotte, viste le condizioni climatiche che immagino li mettessero di fronte ad impreviste aperture o chiusure delle banchine di ghiaccio, e dunque a rimettere in questione le rotte precedentemente aperte. Ecco che allora il viaggio verso la preadolescenza si presenta come un  “passaggio” che richiama la parola “transizione”.
Uscendo dalla metafora la preadolescenza si configura come un “luogo” da transitare, in un tempo breve (2-3 anni) che ha delle caratteristiche particolari e che può dare la possibilità al soggetto di esprimere le sue qualità, le sue risorse creative, ma anche i suoi impedimenti, i limiti e i rischi insiti in questo transito. Da quel luogo il soggetto non ne esce nello stesso stato o nelle condizioni in cui vi è entrato. E’ un luogo trasformativo e diremmo transizionale.

Il preadolescente esalta la condizione per certi versi angosciosa della transizionalità. Viversi in transizione equivale a viversi senza una “definizione”, per cui si tende a preferire l’area dell’essere già… all’area  del divenire. Proprio per sfuggire a questa angosciosa condizione molti dei protagonisti (ragazzi e genitori) tendono a comportarsi come se i bambini fossero “adolescenti” prima di essere pubescenti, il che sconvolge i genitori e complica le interazioni familiari.

Mettersi nell’assetto mentale di considerare un preadolescente come già adolescente induce a trascurare e colludere con l’oscurare la componente giocosa e sognante che fa parte del patrimonio mentale del bambino che gattona.  Infatti, credo che le sensazioni e le emozioni caratterizzate da “euforia” del bambino impegnato nell’esplorare il mondo attraverso l’esperienza del gattonamento mi sembra più vicina a quella della preadolescenza, in cui l’euforia per lo spostamento in autonomia spesso vira repentinamente in un sentimento di spaesamento e ritiro o ritorno sui propri “passi” nell’orbita genitoriale appena se ne sente la distanza.
Un elemento importante che spesso viene trascurato in questa transizione è la dimensione della reciprocità. Il  processo di separazione ed individuazione che prende avvio in preadolescenza, non va inteso come un immediato “svincolo” dei figli dai genitori, lo svincolo va considerato come un punto di arrivo piuttosto che di partenza, esso rappresenta un compito evolutivo che coinvolge tutti i protagonisti per cui è importante per l’intero nucleo vivere la transizione all’insegna della stabilità affettiva.
Come terapeuti ci pare decisivo sintonizzarsi con la “transizione”, concentrata in poco tempo ma che può sembrare interminabile, dunque si tratta di dare statuto psicoanalitico all’essere e sostare in transizione. La transizionalità non va scambiata per staticità e non avviene senza un lavoro psichico.
Forse mai come in quest’epoca domina lo scontro tra la natura e la cultura. Per Natura intendo il binomio sviluppo neuro-fisio-biologico (corpo) /sviluppo del pensiero (mente).  Per Cultura intendo sia la sua versione in senso longitudinale (patrimonio transgenerazionale) – ossia appropriazione di ciò che è trasmesso in via transgenerazionale-, ma anche in senso trasversale (realtà attuale e sociale) -ossia appropriazione di ciò che è trasmesso dalla società. Il soggetto in questione è difficilmente definibile, perché questo periodo evolve velocemente e riflette la rapidità dei cambiamenti sociali e culturali che egli assorbe con rapidità impressionante.
Il bambino all’interno della sua latenza ci aveva abituati ad una certa stabilità della sua condizione infantile che ora si trasforma in turbolenza, anche per via di una costante attesa di un segnale (pubertà) che arriva/non arriva. Questa attesa si espande ed ingloba l’ambivalenza genitoriale nei confronti di quel segnale. Proprio per la tensione dominante si ha la tendenza alla riduzione della durata del periodo. Il preadolescente è presto assorbito, risucchiato dalle tematiche e dagli atteggiamenti adolescenziali. E’ come se fosse un periodo in cui tutti sono a disagio e non si vede l’ora di passare oltre. Mi viene spesso da pensare ad un vero e proprio “furto della preadolescenza” da parte di agenzie culturali, ma anche da parte di molti genitori, che espropriano questo periodo del valore maturativo dell’attesa e della transizione.
Descrivo ora un viaggio ideale che mi è servito molto nel progetto del mio approccio alla conoscenza del preadolescente e che ho percorso in quattro tappe.
Nella prima ho trascorso del tempo piacevole passando in una veloce rassegna l’immagine del preadolescente nella letteratura, nel cinema, nella pubblicità e nei media. Queste componenti della Società -una volta scoperta la preadolescenza- vi hanno dedicato molte “pagine” e stimolanti contributi. Ho intrapreso il mio viaggio ripercorrendo la storia dell’entrata in scena del personaggio preadolescente.
Ho dedicato la seconda tappa alla presentazione del preadolescente per come appare fuori, nella società attuale e, successivamente, alla comprensione del suo funzionamento mentale e della sua maturazione neurofisiologica.  Nel descrivere il passaggio dalla latenza alla preadolescenza ho preso in considerazione e commentato alcune delle caratteristiche generali che mi è sembrato di cogliere nel preadolescente: Vulnerabilità e Grandiosità Narcisistica; Transizionalità; Reciprocità, Continuità e Cambiamento; Stati Dissociativi del Sé; L’importanza dell’Altro; Il corpo al Centro del Sé.
Gradualmente mi sono ritrovato dentro, nella dimensione intrapsichica e psicodinamica del soggetto in questione, considerando i versanti pulsionale, narcisistico e relazionale intrecciati e sempre dialoganti tra loro.
Qui ha avuto inizio la terza tappa del mio viaggio, quella che segna il passaggio dalla teoria alla clinica. In preadolescenza è possibile confrontarsi con l’anticipazione di certe tematiche e patologie dell’adolescenza, ma anche con il prolungamento di certe manifestazioni infantili o con la rivelazione  di disturbi infantili che erano mascherati.
Il soggetto in pubertà tratta l’afflusso pulsionale da cui si sente invaso, le sue trasformazioni cognitive e corporee come una vera e propria condizione traumatica e vi risponde con i sistemi “protettivi” di cui dispone e che ha utilizzato in passato in analoghe circostanze; quando questi sistemi sono saturi ecco il ricorso a manifestazioni sintomatiche che evidentemente segnalano il fallimento o comunque l’incompletezza del lavoro psichico.
E’ stato, dunque, inevitabile l’incontro sia di alcuni dei pericoli che incombono sul preadolescente in quella “mutazione” che ragazzi e ragazze stanno transitando, ma anche delle soluzioni più o meno patologiche che essi sono in grado di trovare.
Con le conoscenze che cominciavo a conquistare ho pensato a tracciare delle teorie e delle ipotesi diagnostiche utili nella consultazione con il preadolescente, come a descrivere una mappatura delle condizioni cliniche più frequenti in questa epoca.
Se fino a tutta la latenza, Edipo e Narciso hanno convissuto e si sono spalleggiati a vicenda, ritengo che la pubertà possa segnare un  momento decisivo relativo ai possibili differenti percorsi. La pubertà diventa un “trauma” che genera una dissociazione funzionale a livello delle dinamiche interne. A questo punto mi è sembrata evidente la comparsa, nella pubertà, di due serie di fenomeni che possono trovare un equilibrio oppure svilupparsi secondo linee differenti. Ad analoghe manifestazioni sintomatiche, sia per le ragazze che per i ragazzi, corrispondono origini  ed evoluzioni differenti.

Una prima serie di fenomeni riguarda l’impatto di  “Edipo” con quelle trasformazioni, impatto traumatico per quanto desiderato, come ampiamente descritto da molti “esploratori”.

La seconda serie di fenomeni riguarda l’impatto del corpo puberale con l’ologramma ideale di Sé che “Narciso” aveva da tempo anticipato e costruito.

Ho, dunque, ipotizzato di organizzare le problematiche e le manifestazioni sintomatiche riscontrate in preadolescenza secondo che prevalga l’area edipica o l’area narcisistica. La tematica del “conflitto”, oppure quella dello “scarto” insanabile e mortificante.  In altre parole se nell’area prevalentemente edipica il dilemma angosciante riguarda come, con le nuove dotazioni, affrontare il desiderio di “esplorare il mondo” (io ne ho il diritto o no?), nella dimensione prevalentemente narcisistica il giovane soggetto si scontra con l’inesorabile dubbio sulla sua insufficiente dotazione (fisica, mentale e cognitiva) a realizzare il progetto (ne sarò capace o no?).
Alla condizione traumatica del processo puberale, l’organismo risponde con le modalità utilizzate in passato, in analoghe circostanze traumatogene, che possono interessare l’area:

  • somatica (conversiva);
  • mentale (fobie più o meno invalidanti, inibizione intellettiva, ritiro, maniacalità);
  • comportamentale (ADHD, DOC o fobico–ossessivo, tossicofilia, attacchi al corpo, …).

Molte di queste forme possono essere definite di “transizione”, proprio per la loro struttura ed evoluzione, ma possono essere i primi segnali di una patologia che si svilupperà in adolescenza.
In questa tappa del mio viaggio, nella clinica del preadolescente, ho fatto interessanti ed intriganti incontri con alcune di quelle che posso chiamare “figure” di preadolescente. Esse rappresentano singolari risposte dei vari soggetti alle tensioni intrapsichiche legate all’irruzione delle trasformazioni puberali che segnano l’inizio del “passaggio in preadolescenza”. Queste risposte spesso comportano stati di sofferenza che necessitano l’intervento terapeutico.
Queste “figure” hanno precise caratteristiche e vengono “narrate” dal terapeuta che le ha prese in cura: il preadolescente arrabbiato, quello che prova la fuga nel pensiero magico, quella che sembra una piccola “velina”, il videogiocatore, la fobica, il BOSS (bambino obeso senza speranza), quella con tanta voglia di crescere ma afferma “mamma non ti muovere”, quella appena arrivata dall’infanzia alla preadolescenza  e quella che si appresta al passaggio in adolescenza.
In questa panoramica molto ampia della realtà preadolescenziale non poteva mancare l’apertura dell’Area Genitori che occupa la quarta tappa del mio viaggio.
I Genitori vengono considerati sia come agenti in sofferenza con e per il figlio e che chiedono aiuto primariamente per il figlio, ma anche nella condizione di chiedere aiuto per loro stessi. E’ questo un momento particolarmente delicato per il loro equilibrio quello che si concretizza con la richiesta di un intervento per loro, essendo questo spesso motivato dall’esplosione interna di un malessere ri-acceso dalla preadolescenza del figlio.
Eccoci arrivati al termine del “passaggio” e a questo punto non c’è che da sperare che l’adolescenza incipiente completi nel migliore dei modi il lavoro psichico iniziato in questi anni fondamentali.
Ho forzatamente reso schematiche delle tappe del mio viaggio alla conoscenza del mondo preadolescenziale, esse vengono meglio sviluppate con ampi contributi clinici nel volume Passaggio in preadolescenza rischi e risorse creative, edito da  Mimesis  per i Quaderni dell’Istituto di Psicoterapia del Bambino e dell’Adolescente,  n. 53 che è in uscita nel primo semestre 2021.
Insieme a tutti i compagni di questa traversata speriamo di avere contribuito ad una maggiore conoscenza del preadolescente nel suo più o meno turbolento passaggio verso l’adolescenza. Se non altro “sostando” nella lettura del volume non concorriamo a “sfumare” la preadolescenza.

[1] E’ solo uno dei passaggi perigliosi del nostro “terraqueo” che, nel corso dei secoli, hanno attratto  indomiti esploratori ammaliati dal loro misterioso fascino. “Il Passaggio a Nord-Ovest è una rotta che collega l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico nell’emisfero boreale, passando attraverso l’arcipelago artico del Canada, all’interno del Mar Glaciale Artico. La rotta non è mai stata utilizzata per il commercio a causa della sua complessità. [A renderne più insidioso il transito c’è il fatto che, a causa della vicinanza del “nord magnetico”, la bussola non funziona, e che il GPS non è affidabile]. L’unico modo per navigare nel Passaggio a Nord-Ovest è utilizzare i propri occhi […] Il ghiaccio è sempre in movimento e non esistono previsioni ma solo situazioni reali passate”. In pratica affidandosi all’esperienza come nella traversata della preadolescenza. https://blog.ormeggionline.com/perche-passaggio-nord-ovest-cosi-difficile/

 

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